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“Il Corpo del Reato”

Parco Archeologico di Pompei, Antiquarium. 16 Dicembre 2016 - 27 Agosto 2017

Pompei e l'Italia Meridionale restituiscono ancora reperti del loro infinito patrimonio archeologico e in maniera  del tutto originaleQuesta volta si tratta di un inedito “bottino” di oggetti sequestrati a partire dagli anni ’60 a seguito di appropriazioni illecite e ora svincolati e resi disponibili al pubblico in un’originale mostra all’Antiquarium di Pompei, dal titolo “Il Corpo del Reato”.

L’esposizione  raccoglie materiale di vario genere (ceramiche, crateri, statue, depositi votivi ecc.) dal VI sec. all'età romana, conservato da lungo tempo nei depositi di Pompei e di recente svincolato e reso fruibile.

I dettagli delle operazioni che hanno reso possibile l’affrancamento di questi reperti e il progetto della mostra sono stati illustrati da: Massimo Osanna, Direttore Generale Soprintendenza Pompei; Gen. D. CC Luigi Curatoli, Direttore Grande Progetto Pompei; Carlo Spagna, Presidente delegato all’Ufficio Corpi di Reato del Tribunale di Napoli. 

“Il Corpo del Reato” è una testimonianza della grande razzia subita dal patrimonio culturale italiano dal 1960 ad oggi. Una lunga e massiccia stagione di saccheggio cui le Forze dell’Ordine hanno posto un freno con un’importante azione di salvaguardia arrivando a sequestrare oltre 800 mila reperti, una cifra che dobbiamo immaginare comunque inferiore rispetto alla quantità di opere depredate nel tempo.

La razzia riguarda migliaia di siti presenti in Italia che, fra gli anni 1970 e 1990, addirittura finì ad alimentare prestigiose collezioni di musei internazionali come il Getty a Los Angeles e il Metropolitan a New York. I reperti esposti in questa mostra sono il frutto di un livello diffuso di questo commercio illegale destinato ad appagare il piacere verso l’antico di clienti senza scrupoli e senza rispetto per il patrimonio pubblico.

Questi oggetti simboleggiano la violazione cui è costantemente sottoposto il patrimonio culturale, ma non solo: purtroppo sono anche una cruda testimonianza della perdita di conoscenza per la nostra società di una parte resa illegalmente invisibile delle straordinarie bellezze che il territorio italiano ci riserva.

Si deve allo straordinario lavoro dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Magistratura il recupero delle opere che qui possiamo ammirare, selezionate da 45 lotti di sequestri custoditi nei depositi della Soprintendenza Pompei, recentemente svincolati dal Tribunale di Napoli. I sequestri sono stati condotti principalmente a Pompei, e nei dintorni come Boscotrecase, Gragnano e Sant’Antonio Abate. In alcuni casi possiamo pensare a materiali tratti da scavi clandestini svolti nell’area, anche se buona parte degli oggetti proviene da saccheggi perpetrati in vari siti dell’Italia meridionale, come la ceramica daunia proveniente dalle necropoli della Puglia settentrionale. I reperti esposti sono stati sequestrati a piccoli ricettatori non inseriti nella ramificata filiera del commercio internazionale, dediti piuttosto a rifornire il livello “basso” del mercato, quello dei piccoli antiquari e delle collezioni private. Oggetti quindi trafugati e destinati al solo desiderio personale, ma che oggi tornano seppur silenti a essere patrimonio di ogni cittadino del mondo.

L'ufficio "Corpi di reato" del Tribunale di Napoli, cui sono affidati i proventi delle attività criminali recuperati dalle forze dell'ordine, ha destinato gran parte di quelli aventi natura e valore archeologico, raccolti e custoditi nel corso del tempo, alla Soprintendenza di Pompei per l'esposizione al pubblico nell'Antiquarium degli scavi di Pompei di recente istituzione, trattenendo alcuni esemplari da destinare al museo criminale presso il Ministero di Goiustizia od altri istituti (ai sensi dell'art. 152 co. 2 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) quali testimonianza dei reati commessi ai danni del patrimonio artistico, storico e/o archeologico dello Stato.

 

Falsi archeologici

Le prime descrizioni dei tanti trucchi con i quali i falsari riuscivano a gabbare l’ingenuità dei compratori risalgono all’antichità: lo scrittore Fedro, a proposito dei falsi d’arte, denunciò che alcuni artisti suoi contemporanei (nella prima metà del I sec. d.C.) ottenevano guadagni più alti per le loro opere se sul marmo scolpivano il nome di Prassitele e sull’argento cesellato quello di Mirone.

Secondo solo al mercato della droga, quello dei falsi archeologici e artistici oggi è un vero proprio business illegale. Ultimamente si è calcolato che per circa due terzi, i reperti archeologici messi sul mercato dai trafficanti sono falsi. Falsi perfetti o quasi, realizzati da artigiani e rifilati, attraverso un’efficiente rete di canali, ai collezionisti privati e ai mediatori stranieri. Ad ogni sequestro i tecnici delle Soprintendenze si impegnano così a valutare l’autenticità degli oggetti custoditi clandestinamente, cercando di riconoscere la contraffazione sulla base degli errori che involontariamente il falsario può aver compiuto seguendo gli stili e gli usi del tempo antico. Nei laboratori di falsari si rifà di tutto: bronzi, ceramiche dipinte, monete, statue. Per soddisfare la richiesta si realizzano falsi inediti o rielaborati da oggetti veri; i falsi vengono poi venduti, singolarmente o mescolati insieme a qualche pezzo autentico. Una vera e propria frode dalle radici antiche.

 

Il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale

 

Il 3 maggio 1969, ancora prima della Convenzione UNESCO di Parigi che invitava gli Stati membri a istituire specifici servizi di protezione del patrimonio culturale nazionale, veniva costituito il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico. Erano gli anni in cui l’Italia, interessata da un’importante ripresa economica, veniva ‘aggredita’ dall’intensificarsi delle esportazioni clandestine di opere antiche, rubate o scavate illecitamente, destinate a collezioni di tutto il mondo.

Per porre un freno alla dispersione del patrimonio culturale, l’Arma dei Carabinieri destinò alcuni militari a tutelare i beni paleontologici, archeologici, artistici e storici nazionali.

Oggi il Comando, che nel 2001 ha assunto l’attuale denominazione, costituisce un Ufficio di diretta collaborazione del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e può contare su 270 militari di qualificata preparazione.

Con l’evolversi delle dinamiche criminali del settore, il Comando Carabinieri ha prontamente risposto adeguando le azioni di contrasto e affinando il dispositivo operativo e organizzativo. L’attuale ordinamento prevede:

  • a livello centrale, un Ufficio Comando come organo di supporto decisionale per il Comandante nell’azione di comando, controllo e coordinamento delle attività d’Istituto, in Italia e all’Estero. Fra le sue articolazioni emerge la Sezione Elaborazione Dati che gestisce la Banca Dati dei Beni Culturali Illecitamente Sottratti;
  • sempre a livello centrale, un Reparto Operativo (articolato nelle sezioni Antiquariato; Archeologia; Falsificazione e Arte Contemporanea) con compiti di polizia giudiziaria e coordinamento operativo, con specifico riferimento alle indagini di ampio spessore sul territorio nazionale;
  • a livello regionale e interregionale, quindici Nuclei e una Sezione ubicati ad Ancona, Bari, Bologna, Cagliari, Cosenza, Firenze, Genova, Monza, Napoli, Palermo, Perugia, Roma, Siracusa, Torino, Venezia e Udine.

 

 

All’Arma dei Carabinieri è attribuita una preminenza nella tutela del patrimonio culturale: questa prerogativa è stata confermata dal Decreto del Ministro dell’Interno del 28 aprile 2006 che ha assegnato al Comando CC TPC la funzione di polo informativo e di analisi del settore, a favore di tutte le Forze di Polizia e degli Organismi internazionali.

Il Comando CC TPC, operando sul territorio nazionale d’intesa con le altre Forze di Polizia e in sinergia con gli Uffici territoriali del MiBACT, svolge le funzioni di tutela e di salvaguardia attraverso:

  • attività investigative specialistiche mirate all’individuazione degli autori dei reati commessi contro il patrimonio culturale (furto, ricettazione, scavi archeologici non autorizzati, contraffazioni e falsificazioni) e al recupero dei beni illecitamente sottratti;
  • il monitoraggio, anche con sorvoli aerei e servizi coordinati con le unità a cavallo, le motovedette e le unità subacquee dell’Arma, dei siti archeologici terrestri e marini, nonché delle aree di interesse paesaggistico e dei siti ‘Patrimonio Mondiale’ dell’UNESCO;
  • il controllo delle attività commerciali del settore e delle fiere/mercati ove si realizza la compravendita di beni culturali;
  • la verifica delle misure di sicurezza di musei, biblioteche e archivi;
  • il controllo dei cataloghi delle case d’asta e dei siti dell’e-commerce;
  • la gestione della banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti;
  • la consulenza specialistica in favore del MiBACT e, conseguentemente, degli organi centrali e periferici dello stesso Ministero;
  • la partecipazione alle Unità di Crisi e Coordinamento Nazionale e Periferiche, garantendo il supporto per la messa in sicurezza e il recupero di opere d’arte e beni culturali in aree del territorio nazionale colpite da calamità naturali.

 

Gli ambiti di proiezione internazionale del Comando CC TPC, invece, sono:

  • il recupero di beni culturali italiani illecitamente esportati all’estero;
  • il recupero di beni culturali di altri Stati illecitamente esportati in Italia, all’estero o individuati sul territorio dello Stato di appartenenza;
  • la formazione specialistica a favore di Magistrati, Forze di Polizia, Dogane e Mini­steri della Cultura di Paesi esteri;
  • la collaborazione con gli organismi internazionali nei settori della tutela del patrimonio culturale e della cooperazione di polizia;
  • il supporto specialistico ai contingenti militari italiani nelle operazioni di peace-keeping;
  • la possibilità di operare mediante la Task Force Carabinieri ‘Unite4Heritage’ (i cd. ‘Caschi Blu della Cultura’), costituita da personale del TPC unitamente ad esperti del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, nelle aree di crisi internazionale ove il patrimonio culturale è a rischio di saccheggio e, in generale, di aggressione criminale.