Gli scavi di Civita Giuliana

LE VILLE DEL SUBURBIO DI POMPEI

Il suburbio dell’antica città di Pompei era popolato da numerosi complessi insediativi sparsi sul territorio che rispondevano ad esigenze sia di carattere produttivo (fattorie destinate alla produzione di vino ed olio) che residenziale o stagionale per il soggiorno temporaneo del proprietario.

L’attività di tutela svolta dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei ed ora  dal Parco Archeologico di Pompei ha consentito di delineare un quadro alquanto complesso ed articolato, con l’individuazione di varie “ville”, poste nel territorio di competenza.

L’attuale  campagna di scavo, in località Civita Giuliana, area a circa 700 m a nord-ovest delle mura dell’antica Pompei,  oltre a confermare tali dati, ha messo in luce il settore produttivo - servile di un’ampia villa già,  in parte,  indagata agli inizi del ‘900  e l’ area (sud e sud-ovest della struttura) destinata  ad uso agricolo.

 

I VECCHI SCAVI

Tra il 1907 e il 1908, nella zona immediatamente a nord di quella in esame, erano stati condotti scavi ad opera del Marchese Giovanni Imperiali, sulla base di una concessione di scavo rilasciata dall’allora Ministero della Pubblica Istruzione al privato secondo la normativa in vigore all’epoca, i cui resoconti sono stati pubblicati nel 1994 con una monografia della Soprintendenza.

Il vecchio scavo aveva portato alla luce 15 ambienti riferibili a due settori della villa, uno residenziale e l’altro produttivo.

Il settore residenziale si articolava intorno ad un peristilio a pianta rettangolare, delimitato sui lati Nord ed Est da un porticato sorretto da colonne in muratura, mentre il lato occidentale, sfruttando presumibilmente un salto di quota naturale, era delimitato da un lungo criptoportico coperto da una terrazza su cui si apriva il peristilio con l’affaccio sul terreno antistante.

Sul lato orientale del peristilio furono messi in luce cinque ambienti (gli unici di cui è stato possibile ubicare esattamente le strutture grazie alla documentazione fotografica dello scavo), decorati con pitture di III e IV stile   e che restituirono una varietà tipologica di oggetti riferibile alla vita quotidiana, all’ornamento personale, al culto domestico.

Del settore produttivo, posto probabilmente sul lato nord-orientale dell’edificio, non si hanno informazioni tali da poterlo ubicare con certezza, ma sicuramente era costituito da un torcularium, da una cella vinaria e da altri ambienti adibiti allo stoccaggio delle derrate prodotte nel fondo agricolo che circondava l’edificio; incerta anche la posizione di un lararium dipinto posto all’angolo sud orientale del cortile. 

Negli anni successivi altri rinvenimenti casuali hanno rilevato ulteriori resti di strutture.

Nel 1955, la Soprintendenza Archeologica, proprio a ridosso di uno dei saggi praticati durante l’attuale indagine, ha portato alla luce dei setti murari; interessante la presenza di due muri paralleli e perpendicolari al tracciato stradale, uniti da un muro di collegamento in opus craticium.

I CUNICOLI  CLANDESTINI

Il complesso appena descritto negli ultimi decenni è stato interessato da scavi clandestini, individuati grazie alla scoperta di cunicoli sotterranei, esplorati dai Carabinieri con il supporto logistico dei Vigili del Fuoco.

I cunicoli, realizzati seguendo le pareti perimetrali degli ambienti e provocando brecce nei muri antichi,  hanno danneggiato gli intonaci, distrutto parte dei muri, trafugato e rovinato oggetti.

L’esigenza di interrompere in modo definitivo tali azioni delittuose di depauperamento del patrimonio archeologico nazionale ha determinato la necessità di realizzare una nuova campagna di scavo attraverso un’operazione sinergica tra Parco Archeologico di Pompei e Procura della Repubblica di Torre Annunziata.

LO SCAVO IN CORSO

Lo scavo di tipo stratigrafico ha rilevato la presenza di una struttura a pianta rettangolare, realizzata con muri in opus reticulatum di ottima fattura che si conservano per un’altezza pari a 5 m., con  alcuni ambienti disposti su due piani. Questa struttura comprende almeno 5 ambienti di forma quadrangolare (4 x 3,50 m), tutti interessati dal crollo delle tegole del tetto e del pavimento del piano superiore, di cui è rimasta la traccia solo delle orditure delle travi.

La parte superiore del muro terminale occidentale dell’edificio è crollato durante le fasi eruttive del 79 d.C.  e questa porzione è ricoperta dai depositi di lapilli. Il crollo è stato certamente determinato da scosse di terremoto avvenute durante l’eruzione.

Al momento, sono stati esplorati due ambienti, denominati “d” e “e”.

L’ambiente “d è caratterizzato sul lato ovest dalla presenza di una porta e di una piccola finestra strombata di cui si conserva ancora la piattabanda in legno; sul  lato est è una sola finestra quadrangolare, apertura attraverso la quale sono entrati i depositi di flusso piroclastico (surge, cioè cenere consolidata, il cd. “tuono”) riferibile alle fasi conclusive dell’eruzione pliniana.

Le pareti, ad eccezioni di quella occidentale, erano decorate da un sottile strato di intonaco bianco, con tracce di fasce rosse.

Il muro meridionale ospita un’edicola quadrangolare, un piccolo lararium, delimitato da una cornice d’intonaco,  all’interno del quale si è rinvenuta una basetta quadrangolare in marmo e sotto cui erano posti una coppa-incensiere, due pentole ed una lucerna, poggiati su una mensola lignea di cui è stato possibile eseguire il calco in gesso.

La particolarità delle modalità di seppellimento dell’ambiente, occupato per quasi la totalità dal  flusso piroclastico (surge), ha permesso di realizzare i calchi in gesso anche di due arredi, uno sicuramente un letto e l’altro forse un altro esemplare simile, e di recuperare le tracce di una stuoia o tessuto posta la di sopra della rete in corda del letto.

Sul pavimento costituito da un semplice piano in terra compattata si sono recuperati: tre anfore (una danneggiata dagli scavatori clandestini) destinate a contenere vino ed olio; una pentola; una lunga sega in ferro; frammenti ossei di animali.

L’ambiente “e”, in corso di scavo, è risultato essere una stalla. Anche in questo ambiente la presenza del flusso piroclastico ha permesso di effettuare dei calchi in gesso. Si tratta di una lunga mangiatoia in legno, posta lungo la parete meridionale e di due equidi, rinvenuti davanti la mangiatoia, stramazzati al suolo durante l’eruzione.

 Uno degli animali, non toccato dalle attività degli scavatori clandestini, è stato ritrovato integro, con l’apparato scheletrico completo in connessione, bardato con morso e briglie in ferro e sull’osso occipitale, tra le orecchie, elementi decorativi in bronzo applicati probabilmente su elementi di cuoio non rinvenuti.

Il secondo animale, di taglia inferiore, è lacunoso per la presenza di una frana, e sono state  individuate solo parte delle zampe.

La scoperta nella porzione orientale dell’area di un setto murario costeggiato da una stradina in terra battuta ha definito, su questo lato, il confine della proprietà della villa.

L’attuale indagine ha posto nuovi quesiti sulle peculiarità di tale complesso ed ha aperto, o meglio riaperto, la questione sul suo sviluppo planimetrico suggerendo l’ipotesi di un complesso molto più ampio rispetto a quanto finora noto e che si estende verso sud-ovest.