Gli interventi del 2017 hanno portato in luce nell’area dello scudo una ventina di punte di lancia in ferro, uno shield band in bronzo verosimilmente pertinente allo scudo e vasellame in bucchero di produzione campana databile tra la fine del VII e la prima metà del VI sec. a.C. È inoltre possibile notare il ricorrere di queste forme in associazioni fisse e ripetute che prevedevano una forma aperta e una forma chiusa, allusive a gesti rituali che al momento siamo in grado di decifrare solo in parte. Alcune offerte inseriscono il santuario nel più ampio panorama dei traffici mediterranei come le lekythoi attiche a figure nere, gli aryballoi corinzi, i balsamari ionici a forma di stivaletto, gli unguentari in faience e i vaghi in ambra.
Gli scavi hanno restituito anche venticinque frammenti di bucchero graffito con iscrizioni di possesso, croci, stelle a cinque punte e alberelli, mentre un caso testimonia un divieto di appropriazione: “sono la coppa di Manie, nessuno mi prenda”. Un frammento di piede ad anello graffito ha confermato l’identificazione della divinità a cui era dedicato il santuario, cioè APA, “padre”, epiteto divino documentato in diverse aree di culto del mondo etrusco e che spesso costituisce l’unico riferimento epigrafico alla divinità maschile venerata, in vari casi associata a paredri femminili.