Le prime analisi dello scheletro del bambino al laboratorio di ricerche applicate

Il Laboratorio di Ricerca Applicate del Parco archeologico di Pompei sarà il punto di partenza per le analisi preliminari dello scheletro del bambino ritrovato alle Terme Centrali di Pompei.

Gli studi antropologici effettueranno un primo screening della stato di salute della giovane vittima, per poi indirizzare le successive indagini esterne sul DNA.

In questa prima fase, si tratta di valutazioni metrico e morfologiche ovvero di misurazioni delle ossa e valutazioni di impronte muscolari sulle scheletro, queste ultime utili a valutare se ci sono tracce di eventuali attività lavorative, nonostante la giovane età.

Incrociando la misura della lunghezza delle ossa con le analisi dello sviluppo dentario sarà possibile determinare con maggiore precisione l’età del bambino, al momento stabilita tra i 7 e gli 8 anni.

Ulteriori informazioni potranno riguardare eventuali patologie, quelle rilevabili, considerato che non tutte le malattie sono determinabili dalle ossa, e soprattutto che sono maggiormente definibili su individui adulti. Non sarà invece possibile in questa fase definire il sesso dell’individuo, in quanto i caratteri di morfismo tipicamente maschili o femminili non son ancora definiti in età infantile. Tali determinazioni saranno possibili solo in un eventuale seconda fase di analisi del DNA, qualora si presenti in un buono stato di conservazione.

 

Lo scheletro è stato rinvenute pressoché completo ad eccezione di una porzione del torace destro e di parte degli arti superiori e di arti inferiori e non appaiono lesioni dovute alle intercettazioni ottocentesche. Lo scheletro fu infatti già ritrovato durante gli scavi, ma inspeigabilmente non scavato, forse perchè lo strato vulcanico non permetteva la realizzazione di un calco.

 

Questo ritrovamento consente di aggiungere un tassello alla storia della demografia di Pompei, relativamente  alla composizione e allo stato di salute della popolazione dell’epoca. dichiara l’ antropologa Valeria Moretti – Normalmente i dati antropologici che ci pervengono dalla storia sono relativi a individui, deceduti per morte naturale e ritrovati nelle sepolture delle necropoli. Nel caso unico di Pompei ci troviamo di fronte, invece, a resti umani di individui nel pieno della loro vitalità, morti  a causa di calamità naturali, quali l’eruzione. Le analisi su resti umani consente di aprire uno spaccato sulla popolazione vivente dell’epoca, che in nessun altra situazione sarebbe stata possibile”

 

Nella fase di rinvenimento, oltre all’antropologa hanno contribuito allo studio della giacitura del reperto anche un esperto vulcanologo e un geologo allo scopo di determinare le fasi stratigrafiche e le dinamiche di seppellimento.