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Scavando nella notte oscura di Pompei. Il rinvenimento di due vittime nell’ambiente 33 dell’Insula 10, Regio IX

La possibilità di ricostruire, grazie alla collaborazione tra archeologi, antropologi e vulcanologi, gli ultimi istanti di vita di uomini, donne e bambini periti durante una delle più grandi catastrofi naturali dell’antichità, conferisce a chi scava a Pompei una responsabilità particolare. Inoltre, l’opportunità di riconoscere nelle vittime e nelle loro scelte di cercare riparo o di tentare la fuga, di prendere certi oggetti con sé e lasciare altri indietro, fa emergere un comune sfondo di umanità. A volte, però, tale senso di comunità umana rischia di farci dimenticare che per gli antichi la catastrofe doveva essere ancora più mostruosa e inconcepibile di quanto noi oggi possiamo immaginare, dal momento che si ignorava cosa esattamente fossero i vulcani e da che cosa nascessero i terremoti. Lo stesso fatto che il Vesuvio fosse un vulcano, era noto presumibilmente a pochi autori dotti (ne abbiamo qualche traccia in Strab. 1, 2, 18; 5, 4, 8; Diod. 4, 21, 5; Vitr. 2, 6, 2-3), mentre la maggioranza della popolazione ne era verosimilmente all’oscuro.

Il grado di alfabetizzazione nella Pompei d’età imperiale e nel mondo romano più in generale è oggetto di dibattito, ma si conviene generalmente che era basso come in tutte le società preindustriali. Solo una parte della popolazione sapeva leggere e scrivere, e di questi solo un piccolo gruppo aveva accesso a testi come quelli di Strabone e di Vitruvio sopra menzionati.

Più che le lettere di Plinio il Giovane, nipote di uno dei più grandi ‘scienziati’ di quei tempi, Plinio il Vecchio (il quale pure nella sua Storia Naturale racconta di Ermafroditi e Centauri come fatti veri), è forse la descrizione di Cassio Dione, presa da una fonte ignota a noi, a darci un’idea di come la gente comune percepisse la catastrofe (66, 23): “Così giorno si trasformò in notte e luce in oscurità. Alcuni pensavano che i Giganti fossero risorti in rivolta (poiché a quel tempo molte delle loro figure si discernevano nel fumo e in più si sentiva il suono di trombe), mentre altri ritenevano che il mondo intero si stesse riducendo in caos e fuoco”.

Quello che segue rappresenta, come da prassi nell’E-Journal degli Scavi di Pompei, un primo inquadramento scientifico di un ambiente recentemente indagato nella Regio IX, all’interno del quale sono state trovate due vittime dell’eruzione. Speriamo comunque che tra le righe di questo testo, necessariamente sintetico e preliminare, si percepisca anche il senso di umanità e responsabilità che si impone a chi ha il privilegio di fare ricerca a Pompei.

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