Tali documenti tuttavia, così come quelli non ancora confluiti in questo o altri archivi (inclusi i monumenti stessi), nonché la conoscenza che essi contengono o possono rivelare, devono ancora essere trasformati in una storia della città e delle sue parti in tutte le sue fasi di vita, i cui protagonisti principali diventano edifici e quartieri urbani. Per cogliere tale obiettivo non è sufficiente utilizzare strumenti tecnici che riproducano i dati archeologici nel modo più preciso possibile (nuovi rilievi digitali, fotorestituzione, nuvole di punti, etc.). Occorre anche una filologia archeologica (‘delle cose’) in grado di ricostruire il divenire di tutti i singoli elementi che componevano i paesaggi antichi associata ad una procedura scientifica di integrazione architettonica che permetta di visualizzare le parti mancanti e di concepire i contesti topografici e monumentali nella loro originaria unitarietà e nel loro costante fluire nel tempo. In questa prospettiva si inserisce il progetto di Sapienza a Pompei. Dopo aver scavato per molti anni in luoghi diversi della città, sia in spazi pubblici che privati, e dopo aver raggiunto il livello geologico avendo attraversato in senso contrario tutti i periodi di vita fino alla prima occupazione del pianoro, a partire dal 2021 la nostra ricerca è entrata in una nuova fase: l’identificazione e la ricomposizione di tutti i contesti e i sistemi di contesti che componevano il paesaggio urbano. Per fare ciò occorre coniugare la tradizionale lettura stratigrafica e sistematica di tutti gli elementi strutturali, i reperti e le tracce visibili o documentate, per ricostruire strutture ed evoluzione dell’insediamento e delle sue parti, con una visione topografica che consenta un continuo variare di scala tra singoli elementi puntuali e intero sistema paesaggio. Tutta la conoscenza su cui si basa questa procedura deve essere classificata e rappresentata all’interno di un sistema informativo.
Tale strumento può infatti integrare tutti gli elementi archeologici e storico-documentari cui sia possibile attribuire una datazione (anche approssimativa) e una posizione precisa nello spazio. Solo così è possibile suggerire le relazioni tra le parti e identificare una successione di avvenimenti che rappresenta la storia di tutta la città antica attraverso i cambiamenti dei suoi paesaggi. Da tempo avevamo capito come la lettura di singoli edifici non sia sufficiente a identificare elementi significativi della struttura urbana e quindi a comprenderne lo sviluppo globale, obiettivo per il quale è necessario ragionare in termini almeno di isolati o, meglio, di interi quartieri (Carandini et al. 1996; Amoroso 2007). A ciò abbiamo aggiunto la possibilità di mettere in relazione tutti i documenti che consideriamo senza limiti di tempo o di spazio e di comunicare in forma narrativa il divenire dei contesti con le loro piccole e grandi storie (Carandini 2012; Carandini, Carafa 2017). La complessità di Pompei non si misura infatti solo nella conoscenza di strutture e oggetti relativi all’ultima fase di vita della città, sommersa dai flussi dell’eruzione del 79 d.C. e oggi visibile, ma anche nel tentativo di ricostruire e rendere comprensibili tutte le configurazioni che la città ha attraversato nel tempo durante i molti secoli – più di sette – della sua storia, dalla fondazione fino alla sua definitiva distruzione.