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La data della distruzione di Pompei: premesse per un dibattito aperto

Un problema complicato (ma forse non tanto)

Chi oggi cerca la data dell’eruzione del Vesuvio su internet, trova tra i primi risultati quella del 24 ottobre 79 d.C. Eppure la data del 24 ottobre, come recentemente mostrato da Pedar Foss sulla base di una dettagliata analisi delle fonti, “non ha alcuna base documentale” (Foss 2022, p. 132: “[…] has zero evidentiary basis”). Tale data, infatti, è il risultato di una duplicazione. I manoscritti più antichi della lettera di Plinio il Giovane, l’unico a indicare una data precisa, riportano unanimemente “nono” o “nonum kal. Septembres”, ovvero il 24 agosto 79 d.C. (Plin.. Epist VI, 16, 4). Alcuni testi presentano però una lacuna al posto del mese.

La questione si complica dal momento che la differenza tra “n” e “v” non è sempre chiara, per cui alcuni manoscritti riportano “novum, novu” o “nov/nou”. Da lì nasce il fraintendimento: “nov” viene integrato come novembres/ novembribus, cioè novembre (Foss 2022, pp. 128-132). Nasce così l’ipotesi, infondata, del 1° novembre (kalendis novembribus). Ma non finisce qui. Nel 1929, Giovanni Battista Alfano e Immanuel Friedlaender pubblicano uno scritto in cui sostengono la data del 24 ottobre, senza rendersi conto che essa è basata su un uso improprio della tradizione dei manoscritti: mantengono “non.” per il “nono giorno delle calende” aggiungendo come mese nov(embres), anche se nov. e non. sono semplicemente due letture (una delle quali errate) della stessa parola (Alfano, Friedlaender 1929). Pedar Foss è stato in grado di dimostrare chiaramente che tutte le date, fuorché il 24 agosto, sono pura invenzione (quella del 24 ottobre di appena un secolo fa) senza alcuna base nella tradizione dei manoscritti. Questo non vuol dire che il 24 agosto sia necessariamente la data corretta. Plinio il Giovane potrebbe essersi sbagliato. Infatti, gli scavi archeologici nelle città vesuviane hanno fornito elementi atti a mettere in dubbio la data agostana.

 

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