Tra le località archeologiche vesuviane, seppellite a seguito della drammatica eruzione del 79 d.C., Oplontis è probabilmente quella che offre le più significative testimonianze monumentali del suburbio pompeiano.
L’insieme degli edifici di età romana rinvenuti, a cominciare dall’epoca borbonica, nella moderna città di Torre Annunziata, è riferibile ad un vero e proprio centro urbano periferico, sottoposto alla giurisdizione amministrativa di Pompei.
Ciò che caratterizza Oplontis è la presenza di due monumentali edifici di diversa destinazione: la villa A (cd. villa di Poppea), un grandioso e lussuoso complesso a carattere residenziale e la villa B (di L. Crassius Tertius), attualmente non aperta al pubblico, corrispondente ad un’azienda la cui attività era incentrata sulla lavorazione di prodotti della terra, in particolare vino e olio.
Direttore del sito di Oplontis:
Arianna Spinosa
Attualmente l’unico monumento visitabile dell’antica Oplontis è una grande villa residenziale, non interamente riportata alla luce, risalente alla metà del I secolo a.C. e ampliata nella prima età imperiale. In antico la villa era affacciata a picco sul mare in posizione panoramica ed era dotata di splendidi apparati decorativi di cui si conservano eccezionali testimonianze. Potrebbe essere appartenuta a Poppaea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone, o al patrimonio della sua famiglia, i
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Poco distante dalla lussuosa villa “di Poppea” sorge l’altro principale complesso di Oplontis, denominato Villa B o di Lucius Crassius Tertius, probabilmente l’ultimo proprietario, il cui nome compare su un sigillo in bronzo rinvenuto durante lo scavo. Attualmente non visitabile, l’edificio fu impiantato verso la fine del II secolo a.C. e successivamente ampliato. Si sviluppa intorno ad uno spazio centrale circondato da un colonnato su doppio ordine in tufo grigio, completamente ricostruito rico
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