Quante ore della mia vita ho trascorso a filare! Mi chiamo Amaryllis e sono una schiava al servizio di Marco Terenzio Eudosso. Hai ragione, visitatore: in genere il lavoro con la lana lo svolgono le matrone delle nobili famiglie nelle loro stanze, come in questa casa. Lo vuole la tradizione: filano e tessono per mostrarsi donne laboriose e rispettabili. La rocca e il fuso sono i simboli del loro ruolo domestico e della loro virtù, non mancano mai il giorno del matrimonio, portati dalla madre mentre accompagna la figlia nella casa del marito.

Ma qui a Pompei la lana si lavora anche per ottenere guadagno. Il mio padrone è uno di questi imprenditori: dopo il tremendo terremoto di qualche anno fa, ha riorganizzato il portico interno di una casa in via della Fortuna per farne un laboratorio tessile. Ha avuto successo e ha guadagnato un bel po’ di denaro, facendo lavorare con me molti altri operai.

Nel nostro laboratorio tessile (textrinum) filiamo e tessiamo sotto gli occhi di altri schiavi che hanno il compito di controllarci. Sempre di fretta per paura di scontentare Eudosso, passano fra noi distribuendo la lana grezza e stabilendo quanta deve essere lavorata entro la sera. Alla filatura siamo impegnate noi donne: il nome mio e di altre mie compagne sono scritti su una colonna, ricordando per ognuna la quantità di fili di ordito e di trama filati. Non è facile, sai, passare tutto il giorno facendo ruotare il fuso fra le mani. Ma ancora più stancante è la tessitura: a quella lavorano anche gli uomini. In piedi davanti al telaio passano e ripassano la spola all’interno dell’ordito, teso dai pesi di terracotta, spostando avanti e indietro l’asta orizzontale, senza sosta. Uno di questi è un bel ragazzo, mi piace, lo guardo di sottecchi mentre ritorco i fili di lana, sperando che anche lui incroci i suoi occhi coi miei, distraendosi dalla monotonia del lavoro.

 

CASA DI MARCUS TERENTIUS EUDOXUS

Amaryllis era una schiava operaia che lavorava la lana, come testimonia un graffito rinvenuto nel peristilio di questa casa, di proprietà di Marcus Terentius Eudoxus; secondo un altro graffito della casa un’Amaryllis era fellatrix, facendo ipotizzare che la donna fosse anche costretta a prostituirsi.

La domus si apre su Via della Fortuna Augusta tramite un vestibolo che immette nell’atrio tuscanico con impluvio in tufo. Intorno all’atrio si dispongono ambienti su tutti i lati: due serie di cubicoli e il tablino affiancato da un corridoio verso il peristilio. Il peristilio, utilizzato come textrinum (laboratorio tessile), era un’area con spazio e luce ideali per le attività della lana e dunque doveva essere un vero e proprio laboratorio per la tessitura e la filatura dei tessuti.