Avvicinati, straniero che passi di fretta, e sosta davanti alla tomba in cui sono sepolta. È un monumento diverso da tutti gli altri in città: appartiene a un collegio di ex schiavi liberati della famiglia Flavia, di cui io e mio marito facevamo parte. Abbiamo voluto che assomigliasse ai sepolcri che altri liberti si sono costruiti altrove, con tante nicchie sulla facciata, come finestre di una casa da cui ci affacciamo per mostrarci ai passanti. Molti dei busti sono stati portati via dal tempo e dagli uomini, ma là in alto, a destra, puoi ancora vedere il mio e quello di mio marito e leggere i nostri nomi, Flavia Agathea e Publio Flavio Philosseno. Un altro testo lì accanto li ripete e ricorda che abbiamo deciso di realizzare questa tomba quando eravamo ancora in vita. Io stessa ho contribuito a finanziarla e proprio per questo ho personalmente deciso come esservi ritratta. Non ho scelto una statua intera e nemmeno lo scultore più abile della città. Al marmo ho preferito il tufo. Non ho cercato di apparire più bella, come si fa troppe volte nei ritratti per vanità. È vero, il collo potrà sembrare un po’ tozzo, il mento pesante, le labbra sottili, ma la posa eretta e la testa coperta da un velo mi fanno apparire come una matrona. Così chi passa davanti al monumento può ricordare come dignità e virtù non siano proprie solo delle donne aristocratiche, ma anche delle liberte, che sono fiera di rappresentare qui.

La buona sorte ha sorriso a me e mio marito una volta liberati e ci ha permesso di raggiungere in vita una solida posizione economica. Nella morte abbiamo voluto condividere quanto gli dei ci hanno concesso in un monumento funebre comunitario. Così anche gli ex schiavi dei Flavi meno fortunati di noi, con cui abbiamo vissuto sotto lo stesso padrone, possono avere un luogo dove riposare per sempre.

 

LA TOMBA NELLA NECROPOLI DI PORTA NOCERA

Flavia Agatea è una liberta che si fa seppellire in questa monumentale tomba della necropoli fuori porta Nocera disposta parallelamente al tracciato delle mura e occupata sin dalla prima età coloniale, con un incremento di monumenti rilevanti in età augustea. Tra questi spicca questa tipologia di edificio sepolcrale con nicchie e busti in facciata che costituisce un unicum nell’architettura funeraria di Pompei, ma che è invece diffuso a Roma nella classe sociale libertina.  La settima nicchia contiene un busto femminile in tufo, alto cm 34, che l’iscrizione sul plinto attesta essere la liberta Flavia Agatea, specificandone la provenienza dalla zona delle Saline (Saliniensis) forse un agglomerato insediativo presso le saline Herculeae, fra le odierne Torre Annunziata e Castellammare, o un quartiere che si trovava nella parte nord-occidentale di Pompei.