“L’Egitto a Pompei”, questo il titolo che unifica il programma di tre sedi espositive, nasce dalla collaborazione tra il Museo Egizio, il Parco Archeologico di Pompei e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che si avvalgono, questi ultimi, dell’organizzazione di Electa.
L’obiettivo è ripercorrere un incontro tra culture tanto diverse, quanto intimamente e storicamente legate. Il museo torinese, l’area archeologica pompeiana e il museo napoletano inaugureranno in successione l’articolato dialogo tra reperti egiziani di epoca faraonica e quelle opere di età ellenistico-repubblicana e imperiale che ne hanno accolto e riletto l’iconografia. I temi decorativi propri dell’arte dei faraoni e del culto di Iside, così come di altre divinità egizie come quello di Serapide, Arpocrate e Anubi, saranno riconoscibili in affreschi, rilievi, mosaici, statue e arredi in mostra.
Prima data il 5 marzo 2016 al Museo Egizio con l’apertura per la prima volta al pubblico di uno spazio di circa 600 mq che, a partire da questo appuntamento, verrà riservato alle mostre temporanee. È qui che saranno allestiti gli oltre 330 pezzi di cui 172 prestati dal Parco Archeologico di Pompei e dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli: pitture, vasellame e sculture ricostruiranno la trama storica tra arte faraonica e arte greco-romana.
Il percorso si snoderà attraverso nove sezioni partendo dalla ricezione dell’Egitto nel mondo greco, passando per la grecizzazione degli dei egiziani sotto i Tolomei, e la diffusione dei culti egizi nel Mediterraneo e in particolare in Italia. Ci si concentra sui culti egiziani nei siti vesuviani grazie a reperti di straordinaria bellezza, per la prima volta esposti a Torino, come gli affreschi dell’Iseo Pompeiano o della Casa del Bracciale d’Oro a Pompei. L’allestimento si conclude con una sezione dedicata alla diffusione dei culti isiaci in Piemonte con gli splendidi bronzi del sito di Industria.
Il serrato dialogo tra le due sponde del Mediterraneo sarà reso ulteriormente evidente dalla ricostruzione in 3D delle case pompeiane di Loreio Tiburtino – decorata con statue che rimandano all’Egitto - e del Bracciale d’Oro.
A Pompei, nella Palestra Grande, uno scenografico allestimento riunirà - dal 19 aprile - sette monumentali statue con testa di leone della dea Sekhmet e la statua seduta del faraone Tutmosi III che per la prima volta escono dalle sale della collezione permanente del Museo Egizio. I monoliti di granito prestati dal museo torinese marcano la centralità del culto solare: un ritorno alle origini di una secolare storia di sincretismi religiosi, in cui l’adorazione della dea Sekhmet riconduce il racconto della mostra alla fase costitutiva del cosmo e all’ordine imposto dagli dei. Il rapporto tra la divinità e il mondo, e la necessità di mantenere un equilibrio tra forze contrapposte, si manifesta attraverso una serie di rituali di cui le imponenti statue sono testimoni. Una video installazione di Studio Azzurro arricchirà l’esposizione delle opere di contenuti interattivi.
All’interno degli scavi verrà tracciato, inoltre, un percorso egizio a partire dal Tempio di Iside, interessato da un intervento multimediale di realtà immersiva, per arrivare alle numerosissime domus che riportano motivi decorativi egittizzanti, come quella di Loreio Tiburtino.
Dal 28 giugno il terzo capitolo dell’esposizione al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.L’inaugurazione di una nuova sezione del percorso di visita delle collezioni permanenti servirà a focalizzare l’attenzione sull’insieme di culti che, nati o arrivati dall’oriente attraverso l’Egitto, hanno trovato in Campania un terreno fertile di ricezione e diffusione nel resto d’Italia. Questo settore del museo andrà a integrare e completare la narrazione della sala in cui sono attualmente ricomposti gli arredi dell’Iseo di Pompei. Troveranno finalmente una collocazione le coppe di ossidiana da Stabia, capolavori dell’artigianato alessandrino che seppe tradurre modelli di epoca faraonica in un linguaggio apprezzatissimo e diffuso all’indomani della conquista romana dell’Egitto (31 a.C.), e i due affreschi provenienti da Ercolano con scene di cerimonie isiache, che sembrano illustrazioni del testo di Apuleio. Nell’esposizione di opere che attestano la diffusione di culti e religioni orientali (da Sabazio a Dusares a Mitra) praticate e seguite per secoli, non mancheranno i riferimenti al giudaismo, presente a Napoli, e al nascente cristianesimo.