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INSULA OCCIDENTALIS – Cantiere in corso

Il cantiere di messa in sicurezza dell'Insula Occidentalis di Pompei permetterà di restituire al pubblico le straordinarie ville urbane di Marco Fabio Rufo e di Maio Castricio, della Casa del Bracciale d’Oro e della Biblioteca, affacciate sul Golfo di Napoli e finora non accessibili perché utilizzate come sede dei laboratori di restauro del Parco.

L’intervento consentirà di restituire alla fruizione del visitatore dei complessi abitativi unici per eleganza e per raffinatezza, estesi per quasi 6.000 metri quadrati, e dove il legame tra Pompei e il territorio circostante, tra Pompei e il “suo” mare, prende forma e significato.

Il cantiere di messa in sicurezza del cantiere dell'INSULA OCCIDENTALIS

 

La Casa di Maius Castricius fa parte della cosiddetta Insula Occidentalis, affacciata sul Golfo di Napoli e, come le altre case sul pendio, ingloba nella sua costruzione la doppia cortina della cinta muraria di Pompei, a dimostrazione del fatto che le mura avevano già perso la loro funzione originaria al momento della costruzione della casa. Nella sua attuale estensione la casa si data infatti all’età repubblicana, come anche dimostrato dai suoi partiti decorativi, parietali e pavimentali, ascrivibili al periodo finale del Secondo Stile.

Tra l’età tardo-repubblicana e la prima età augustea, la casa di Castricio registra importanti interventi su tutti i livelli. Il primo piano della casa si organizza intorno ad un ampio giardino interno, con peristilio formato da colonne di ordine ionico, in tufo di Nocera, pilastri angolari in opera vittata mista e plutei agli intercolumni. Intorno al porticato si aprono numerosi ambienti tra i quali spicca un oecus con volta a botte e decorazioni in Quarto Stile, che comprendono una testa di Venere dipinta entro un medaglione posto al centro di una lunetta a fondo rosso.

Dall’ala ovest del peristilio si accede ad un secondo portico affacciato sul golfo, intorno al quale si dispongono ambienti di rappresentanza comprendenti un triclinio decorato con decorazioni ascrivibili alla fase di passaggio tra il Secondo e il Terzo Stile.

 

La Casa della Biblioteca fu scavata per la prima volta nel 1759 in una zona allora denominata Masseria Irace (nella topografi a pompeiana individuata come Regio VI, Insula VI, Civico 41). La domus fu detta della Biblioteca dallo studioso Volker Michael Strocka, che identificò con quella funzione uno degli ambienti interni che ancora oggi reca uno splendido affresco della parete centrale con la raffigurazione del poeta ditirambico greco Filosseno di Citera, vissuto nella seconda metà del V secolo a.C. Gli apparati decorativi della domus furono oggetto, negli anni, di numerose sottrazioni con lo stacco di affreschi e mosaici oggi custoditi al Museo Archeologico di Napoli; dopo il bombardamento del 1943 e il parziale reinterro, la casa fu di nuovo oggetto di scavi solo parziali negli anni Settanta del Novecento, durante i lavori di restauro dell’adiacente Casa del Bracciale D’oro. Dal cantiere di messa in sicurezza dell’Insula Occidentalis di Pompei emergono testimonianze di vita quotidiana durante gli scavi archeologici di questi ultimi giorni: un disco di pietra lavorato che formava la base per un piccolo mortaio e un vaso di bronzo o di rame, un’olla, testimoniano dei lavori che dovevano essere in corso alla Casa della Biblioteca per riparare i danni dello sciame sismico che dovette precedere l’eruzione del 79 d.C. Oggetti semplici ma raffi nati, con ogni evidenza abbandonati dall’artigiano fuggito per l’eruzione accanto alla soglia di un ambiente. Il disco di pietra, perfettamente circolare e dalla superficie finemente levigata, conserva ancora un piccolo cumulo di frammenti di pasta vitrea pronti per la molitura che era necessaria alla produzione del famoso pigmento Blu Egizio, la cosiddetta Fritta egizia utilizzata per il blu/azzurro degli affreschi; dalla parte opposta della soglia dell’apertura che metteva in comunicazione il vasto ambiente voltato con la terrazza antistante splendidamente affacciata sul Golfo di Napoli- un’olla in rame reca al suo interno un piccolo crogiuolo di ferro che probabilmente era utilizzato per la cottura degli ossidi nel processo di produzione dei pigmenti.