XXI Edizione della Vendemmia agli scavi di Pompei 29 ottobre 2020

Come ogni anno a Pompei, ricorre il taglio delle uve coltivate nei vigneti delle antiche domus, che frutto di un progetto scientifico di studio degli impianti e delle antiche tecniche di viticoltura pompeiana, consentono anche la produzione del pregiato Vino Villa dei misteri.

Il progetto nasce nell'ambito degli studi di botanica applicata all’archeologia condotti dal Laboratorio di Ricerche Applicate del Parco archeologico di Pompei, cui ha fatto seguito una convenzione con l’Azienda Vinicola Mastroberardino, che si è occupata negli anni delle ricerche preliminari, dell’impianto e della coltivazione dei vigneti dell’antica Pompei, fino alla produzione finale del vino.

 L’idea progettuale, nata nel 1994, dapprima riguardava un’area limitata degli scavi, per poi ampliarsi e giungere oggi a interessare 15 aree a vigneto ubicate tutte nelle Regiones I e II dell’antica Pompei (tra cui Foro Boario, casa del Triclinio estivo, Domus della Nave Europa, Caupona del Gladiatore, Caupona di Eusino, l’Orto dei Fuggiaschi, ecc.) per un’estensione totale di circa un ettaro e mezzo e per una resa potenziale di circa 40 quintali per ettaro. Oggi il vino Villa dei Misteri rappresenta un modo unico per raccontare e far conoscere Pompei con la sua cultura e la sua tradizione antica e quale luogo di valorizzazione e, al tempo stesso, di difesa del territorio, del paesaggio e dell’ambiente.

Il vino in degustazione quest’anno è il Villa dei Misteri Annata 2012, frutto dell’uvaggio storico di Aglianico, Piedirosso e Sciascinoso. L’Aglianico è inserito in blend a partire dalla vendemmia 2011: risale infatti al 2007 l’ampliamento del progetto con l'individuazione di ulteriore aree da ripristinare a vigneto, destinandole integralmente alla coltivazione del nobile vitigno Aglianico - una delle varietà più rappresentative della viticoltura dell’antichità - naturalmente adatto alla produzione di grandi vini rossi da lungo invecchiamento. La forma di allevamento selezionata a tale scopo è stata l’alberello, che meglio si adatta, nel microclima di Pompei, al vitigno Aglianico, in un connubio perfetto tra il vitigno di origine greca (“Vitis Hellenica”) e la tipica potatura corta ellenica. In questo millesimo, i livelli qualitativi conseguiti sul Villa dei Misteri sono molto elevati e si percepisce, in misura ancora maggiore rispetto al 2011, il contributo dell'Aglianico, delineando buona concentrazione, intensità aromatica, vellutato patrimonio di tannini, densità e particolare eleganza.

Il Villa dei Misteri del millesimo 2012, dopo un lungo periodo di affinamento, si presenta con colore rosso rubino e offre un profilo olfattivo molto complesso con note che ricordano la prugna, la marasca, la mora, il tabacco, la liquirizia, la vaniglia, le erbe officinali, il pepe e i chiodi di garofano. Al palato si caratterizza per buona densità e persistenza con sensazioni sapide, acide e morbide molto decise. Tutti gli aspetti sensoriali sono ben equilibrati tra loro e di particolare finezza.

Quest’anno non potendo accogliere la stampa a causa delle restrizioni da Covid, vi proponiamo oltre alle immagini dei vigneti, alcune note informative sugli studi scientifici del verde e dei vigneti in particolare, raccontati dall’archeobotanica del Parco archeologico di Pompei, d.ssa Chiara Comegna.

 

Pompei  è un grande laboratorio a cielo aperto . Grazie alle integrazioni e ricostruzioni del verde nelle  domus, o  dei vivai  e dell’orto botanico,  nonché alla messa  a dimora dei tanti vigneti, soprattutto nelleRegiones I e II è possibile comprendere l ‘ importanza degli spazi verdi all’interno della città antica.

Le  esperienze ricostruttive in queste aree sono iniziate diversi anni fa. Se inizialmente seguivano canoni dettati dalla moda delle diverse epoche, sono diventate via via il risultato di una sempre più cosciente e approfondita conoscenza scientifica basata sulla documentazione archeologica , sugli studi archeobotanici e palinologici (studio dei pollini) e sulle fonti antiche a disposizione.

Tra gli studi più importanti sull’  individuazione e l’ interpretazione degli spazi verdi pompeani , nonchédelle tecniche colturali delle aree produttive, sono da menzionare  quelli della studiosa WilhelminaFeemsterJashemski ,che  dal 1950 si è occupata anche delle pratiche vitivinicole delle aree in cui sorgono i nuovi vigneti.

Gli studi si basavano sullo scavo sistematico, e sull‘analisi degli eco fatti , ovvero di tutti i reperti e le tracce naturali portati in luce durante lo scavo,  sulla loro  interpretazione, e a seguire sull’intreccio di questi dati archeologici con le fonti scritte.

Grazie a questo complesso   procedimento e’ stato possibile ottenere le prime  informazioni sulla viticoltura romana-pompeiana, prima note quasi esclusivamente attraverso le fonti scritte.

Il riconoscimento di ampie e aree in qualità di vigneti urbani e’ stato possibile grazie all’individuazione, all’analisi e alla disposizione delle tracce lasciate dalla  disgregazione degli apparati radicali che, solo nelleregiones  I e IIvantano piu’ di 2000 elementi.

Lo scavo e  lo studio dei vigneti hanno permesso di ricavare ulteriori informazioni riguardanti  la viticoltura romana-pompeiana, scoprendo  che i vigneti urbani erano coltivati a mano ,dato che  le tracce lasciate dalla disgregazione delle radici  erano distanti ogni  4 piedi romani, poco piu’ di un metro, con riscontro anche negli scritti di Plinio e Columella.

Dagli studi è stato possibile definire le seguenti  informazioni:

  • la vite era sostenuta mediante  supporti ,in particolare paletti e graticci, di cui sono stati individuati gli alloggiamenti accanto alle buche lasciate dalla disgregazione delle radici delle viti. Il tutto trova conferma  in alcune fonti scritte;
  • la presenza di sistemi di drenaggio che consentivano il defluire dell ‘acqua nel momento in cui vi fosse sia un eccesso oppure  di trattenerla  per i momenti di siccita’ .
  • la presenza all’interno del vigneto di sentieri che consentivano l ‘accesso e il trasporto dei prodotti agricoli verso l’esterno, collegati  ai punti di accesso del vigneto .
  • la presenza di alberi da frutto (fichi, peri e ulivi), ricavata dallo studio dei reperti archeobotanici, ovvero delle buche lasciati dagli apparati radicali.

Un altra caratteristica importante  è la presenza tra filari di bauli, cioè rincalzi di terra nei quali sono stati individuati dei semi di legumi.

Caratteristica  che trova riscontro anche nelle forme scritte e che potrebbe testimoniare oltre alla pratica dell’ intercoltura, (con presenza di alberi da frutto, viti, prodotti orticoli ) anche quella dell’utilizzo di legumicome fertilizzanti dei terreni