Portata alla luce nel 1933, prende il nome dal verso inciso in un quadretto con anatre sul fondo del peristilio che recita Amantes, ut apes, vitam melitam exigunt (Gli amanti conducono, come le api, una vita dolce come il miele). La casa, situata nel cuore della Regio I, era chiusa al pubblico dagli anni Ottanta quando, con il sisma, si rese necessario realizzare un ordito di puntelli a sostegno della copertura dell’atrio e del peristilio, occultando e stravolgendo la lettura degli spazi e delle decorazioni della domus.
Negli anni lo stato di conservazione della domus era divenuto tale da impedirvi l’accesso perfino ai tecnici. La particolarità più rilevante dell’abitazione consiste nella presenza e nella conservazione pressoché completa del secondo piano del peristilio (giardino colonnato), un tempo accessibile attraverso una scala nel portico settentrionale (di cui è visibile la traccia sulla parete di fondo).
Questo secondo piano sembra essere stato aggiunto nel corso del I secolo d.C. Lo stato di sostanziale integrità in cui furono rinvenute le strutture pertinenti al livello superiore permise, già all'indomani dello scavo, di recuperare la configurazione originaria di questo spazio, restituendo alla percezione e alla conoscenza una soluzione architettonica (peristilio a doppio ordine), che ad oggi rappresenta un unicum a Pompei.
Fatta eccezione per le pitture delle fauces e per alcuni pavimenti del II stile, le pitture presenti nella domus furono realizzate in IV stile nel corso del I sec. d. C. In questa domus la messa in sicurezza ha riguardato anche il consolidamento della copertura e dei solai. L’intervento di ripristino delle coperture dell’atrio si è posto in continuità con la riconfigurazione che la domus aveva ricevuto nel complesso, durante i lavori di restauro degli anni trenta concomitanti allo scavo. Alcuni oggetti rinvenuti nella casa (un braciere, un bacile, una lucerna in bronzo e delle cerniere in osso) sono esposti in una vetrina collocata nell’atrio.
L’esposizione rientra nel progetto di musealizzazione diffusa, già avviata da tempo in diversi edifici degli scavi, allo scopo di ricollocare e contestualizzare i reperti negli ambienti del loro ritrovamento.